venerdì, dicembre 15, 2006

L'Erdre est verte

Avrei dovuto capirlo subito. Quando il tizio che mi ha aiutato a montare in barca, per prima cosa mi ha domandato se avevo dei vestiti di ricambio in caso di necessità, avrei dovuto mettermi l'animo in pace e rassegnarmi all'idea di come sarebbe andata a finire. Ad ogni buon conto, trasportato il mio skiff fino al pontone e salitoci sopra, parto a colpi timidi lungo il corso dell'Erdre, consapevole che il minimo sbilanciamento può costare caro vista l'instabilità dell'imbarcazione. Piano piano, il ritmo diventa più fluido e i colpi più decisi. Dopo un'abbondante mezz'ora cerco già di curare lo stile e di mantenere una buona continuità. Quando ormai mi appresto a fare l'ultima inversione per poi rientrare alla base, distratto da chissà quale pensiero non inerente al canottaggio, come invece la situazione avrebbe richiesto, all'improvviso, non so bene perché, un colpo male assestato, un remo non ben girato che rimane bloccato dall'acqua nella fase di ritorno, poca prontezza nel ricongiungere subito le mani per stabilizzare la barca, e pluf!, senza nemmeno rendermene conto, finisco nel fiume come un vero tonno! Naturalmente mi guardo intorno e non vedo nessuno all'orizzonte, tranne un tizio, partito subito prima di me con un'identica barca, che mi chiede informazioni circa la temperatura dell'acqua (freddina, per la cronaca) e si propone di andare a chiamare qualcuno munito di motoscafo, il che, vista la distanza del molo e le doti tecniche del tizio non superiori alle mie, mi fa capire immediatamente che se non mi arrangio da solo rischio di rimanere a mollo per un bel po'. Risalito in qualche modo pochi secondi dopo essere caduto, fallisco nel tentativo di riprendere in mano la situazione, rifinendo nel fiume poco dopo, con la variante che questa volta lo skiff si è ribaltato completamente. Lottando con i remi che tendono andare da tutte le parti tranne che al loro posto, riesco infine a rigirare parzialmente la barca e a sedermici di traverso, seppur con i remi che restano perpendicolari al piano dell'acqua, effetto Titanic, e ad aspettare in questa posizione, con le gambe a mollo e un simpatico crampo al polpaccio destro, il tizio col motoscafo, che mi rimette in orizzontale e mi dona persino un bicchiere di plastica bucato per svuotare lo spazio per i piedi, già ovviamente fradici e gelati. La giornata tiepida mi permette almeno di rientrare al pontone senza andare in ipotermia, e dopo aver riposto la barca, strizzato bene i vestiti e indossata la tuta che per fortuna avevo lasciato nello spogliatoio, posso rimontare in bici e fare rientro a casa pregustando una bella doccia bollente.

Aaaaaaaaaah, cioccolataaaaaaa...

Mercoledì pomeriggio quei soliti italianofili dei miei compatrioti, si fanno invitare da un gruppo di ragazze, a loro volta in maggioranza italiane, a una serata a base di fonduta alla cioccolata organizzata nella città universitaria adiacente alla nostra, all'ingresso della quale campeggiano incidentalmente inquietanti cartelli che parlano di casi di "gale" (scabbia) manifestatisi tra alcuni dei residenti (fatto, questo, che monopolizzerà l'attenzione durante l'intera serata, tra battute e scene di panico al minimo contatto tra due qualsiasi persone o cose)! Ad ogni buon conto, incaricati di portare rifornimenti alimentari, scelgo, per stupire tutti con un colpo di originalità, di affiancare alle banane e alle classiche tavolette di cioccolato fondente, il tutto per la cronaca rimasto intonso, un po' di litchi e di physalis alkekengi, frutti esotici dal sicuro effetto scenico e, in particolare i secondi, dalla conclamata bontà, soprattutto in abbinamento con la cioccolata fusa. Inutile dire che mi sono sfondato di frutta di ogni genere generosamente intinta nella sublime crema marrone. E per finire, dessert del dessert, due belle fette di pandoro, giusto per pulire ben bene il tegame dall'ultimo strato di cioccolata!

venerdì, dicembre 08, 2006

Atroce dubbio morale

Ogni giorno, quando è ora di pranzo, mentre il mio corpo è imprigionato nella interminabile coda che ci separa dall'agognato pasto, la mia mente vaga tormentata, afflitta da un dilaniante dubbio morale, causato dal violento conflitto tra due di quelle che ritengo essere le regole fondamentali del viaggiatore. La prima impone, nei limiti imposti quantomeno dall'amor proprio, di sforzarsi di assaggiare tutte le pietanze tipiche del luogo, con spirito aperto ed animo da esploratore. La seconda, per contro, vieta categoricamente di assumere qualsivoglia piatto italiano, evidentemente incapace di reggere il confronto con il rispettivo orginale. Cos'è dunque che si colloca sulla sottile linea di confine delle due categorie, al punto di provocarmi tanto sconforto? Ebbene, si tratta di quella che gli indigeni chiamano PIZZA (anzi, pizzà), e che provoca puntualmente la coda più lunga di tutte al bancone al quale è servita, benché in effetti non sembri avere nulla a che vedere con l'omonima prelibatezza nostrana! Che fare dunque? Snobbarla sdegnosamente in attesa di poter calmare in tempi migliori l'acquolina che si produce solo leggendone il nome, o considerarla un piatto tipico locale e intrufolarsi per una volta, tra l'incuriosito e lo schifato, camuffandosi nel tentativo di non farsi riconoscere da nessuno, tra la folla in attesa di ricevere una bella "pizza bolognaise"?

Mi raccomando, pensateci bene! La mia decisione dipenderà dall'esito di questo sondaggio. Non astenetevi dal votare!

martedì, dicembre 05, 2006

Huîtres e dolcetti

Uscito dal cinema, comincio beatamente a passeggiare per le vie chic di Nantes, già adeguatamente addobbate a festa. Fatti nemmeno duecento metri, vengo attratto irresistibilmente dalla vetrina di dolciumi di una boulangerie, nella quale sono in bella mostra una sfilza di torte e dolcetti di vario genere. Una volta entrato, è inevitabile che la scelta ricada sul più tamugno: un bel pavé au chocolat che richiede il suo buon quarto d'ora per essere mangiato tutto. In questo frangente, mi reco al mercatino natalizio di Nantes, allegro, colorato e straripante di oggetti e di alimenti di ogni genere: vorrei mangiare tutto, e ciononostante sono costretto anche a rinunciare a un assaggio di prosciuttino corso a causa del non troppo indicato abbinamento con la cioccolata! Roba da pazzi!
Quando ormai si è fatta ora di cena, sempre sull'onda della massima enunciata nel post precedente, mi metto alla ricerca di un luogo in cui rifocillarmi. La scelta cade su un ristorantino il cui menù fisso comprende un bell'antipasto di mare crudo (gamberetti, lumaconi di mare, detti bulots, e ostriche, accompagnate da limone, pane e burro), un piatto principale consistente in coquilles saint jaques con porcini e patate e, per finire, un abbondante semifreddo al pistacchio, che se me ne portava un'altra porzione mi mangiavo pure quella senza fare complimenti! E per concludere a tarda ora cotanto pomeriggio cinegastronomico, non c'è niente di meglio che una salutare pedalata fino a casa.

sabato, dicembre 02, 2006

Little Miss Sunshine

Dopo pranzo, ritorno all'atelier del velone dove il giorno prima avevo lasciato la bici, con una gomma a terra (rattoppata), in attesa del nuovo pneumatico. Un po' di lavoro in compagnia del simpatico Lionel e, già che ci siamo, una bella revisione, necessaria dopo chissà quanto tempo evidentemente passato in cantina. Giusto il tempo di tornare a casa a posare lo zaino, che sono già in marcia verso il centro. Forte della riflessione che è meglio fare le cose in compagnia che farle da soli, ma è anche meglio farle da soli piuttosto che non farle per niente, sono finalmente determinato ad andare al cinema a vedere Little Miss Sunshine, dopo settimane di rinvii in attesa dell'occasione buona per trovare almeno un sodale. Essendo in ritardo, tento la scorciatoia alla cieca per le sconosciute strade di Nantes. Naturalmente ciò peggiora le cose, ma tutto sommato quando entro in sala lo spettacolo non è cominciato che da una manciata di minuti. Che dire, davvero eccellente! Un film sgangherato, a tratti esilarante e a tratti commovente, perfino nella medesima scena. Privo di ogni retorica, mostra ciascun personaggio nella sua luce, senza cercare ad ogni costo di proporre una morale o un finale edificante che metta tutti d'accordo. Alla fine il viaggio, come il film, è stato un sogno, una breve parentesi nella nostra vita, che forse ci ha cambiati ma forse no. Abbiamo pianto, abbiamo litigato, ci siamo fatti delle grasse risate. Cala il sipario, si accendono le luci, si torna alla vita di sempre, con un sorriso che non se ne va e qualche ricordo in più.

venerdì, novembre 24, 2006

Ubuntu!

Dopo tanti anni di titubanze, finalmente martedì sera è arrivato il momento tanto atteso: rotti gli indugi, incrociate le dita, fatti quanti più backup possibili, ho inserito il cd di Ubuntu, ho riavviato il computer, e ho cliccato sulla fatidica icona “installa”. Dopo essere stato a un passo dal cancellare per sbaglio l'intero hard disk con il programma di partizionamento, ecco che in pochi minuti (il tempo di piegare qualche camicia lavata una settimana fa e ancora appallottolata in un angolo della stanza) il mio primo Linux era installato! Windows, per contro, non l'ha presa molto bene, e, evidentemente geloso, ha smesso di avviarsi per qualche tempo, anche se in breve ha ritrovato la ragione e, di sua altrettanto spontanea iniziativa, ha ripreso a funzionare. L'unico problema è che Linux, più ancora di Windows, è un sistema operativo letteralmente morto in caso di assenza di una connessione a internet diretta: così come è praticamente impossibile installare qualsiasi programma se il computer non è connesso a internet, non è parimenti possibile configurare la connessione a internet wi-fi se il computer è scollegato. La contraddizione è tale che, poiché difficilmente troverò qualcuno che mi presti una connessione adsl ed un modem ethernet, dovrò presumibilmente aspettare di tornare in Italia per rendere pienamente operativo il caro Ubuntu! In ogni caso, un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l'umanità!

giovedì, novembre 23, 2006

Clisson


Siamo d'accordo, domenica mattina, di alzarci di buon'ora per fare una gita in bici avente come meta un paese nei dintorni di Nantes. L'unica incognita, però, è legata al tempo: le previsioni prevedono pioggia o comunque cielo coperto (bello sforzo, ci si becca sei giorni su sette), e nessuno sarebbe disposto a partire in caso di brutto tempo. Poiché alla sera di sabato ancora non si è deciso il da farsi, metto per ogni evenienza la sveglia alle otto, benché convinto che le possibilità che si parta siano veramente basse. Guardo fuori dalla finestra, il tempo sembra non promettere nulla di male, ma nessuno si fa sentire per darmi la conferma. Metto la sveglia di lì a mezz'ora, ma ancora una volta il sole che inizia a stagliarsi nel cielo non è accompagnato da alcuna reazione del mio telefono. Stessa scena alle nove, al che decido che può bastare, e che posso mettermi definitivamente a dormire. Di lì a cinque minuti, quando non ho ancora fatto in tempo a riaddormentarmi, dei pesanti colpi alla porta accompagnati dal grido “svegliati, comunista”, mi fanno riconoscere il reazionario Offagnese e mi inducono a scattare in piedi. Dunque, si parte. Il tempo di preparare i panini con la mortadella (aaaaah, mortadella!!) acquistata il giorno prima, e sono già in strada. Nel frattempo, il sole è già piuttosto alto nel cielo, e la totale assenza di nuvole fa sperare per il meglio, benché il tempo, da queste parti, sia solito cambiare radicalmente in lassi di tempo sorprendentemente ridotti. Radunato tutto il gruppo e noleggiate le bici per chi ne è sprovvisto, partiamo dunque alla volta del singolare paesino di Clisson, a una trentina di chilometri a sud di Nantes, reso, all'inizio dell'ottocento, per opera di uno scultore e di un architetto francesi, un esempio di architettura e paesaggio all'italiana calati in un contesto medievale: al classico castello, fanno da contorno una serie di ville e di tempietti, non di rado di gusto un po' kitsch, benché tutto sommato piuttosto in armonia con il territorio. Il viaggio è interminabile tra gente che cade dalla bici o rimane indietro per fare delle foto: a ogni cinque o dieci minuti di pedalata, a ritmo tutt'altro che sostenuto, segue una pausa per aspettare chi se la prende con tutta calma. Arrivati in loco, ci gettiamo subito affamati sulle vivande, dopodiché, sempre condotti dalla nostra “guida” franco-svizzera-costaricense, che conosce già il posto, facciamo, bici alla mano, una bella passeggiata del lungo fiume, del castello e del centro del paesino, con tanto di vin chaud e di gateau aux pommes della nonna al mercatino delle pulci domenicale. Il ritorno, appena più spedito dell'andata, è caratterizzato da una simpatica pausa-merenda in mezzo a una stradina secondaria di campagna, in cui tutti hanno altruisticamente condiviso ciò che avevano da mangiare e da bere (io ovviamente niente, essendomi strafogato a pranzo l'intera baguette che mi ero portato), seguita da un ultimo tratto di strada praticamente al buio pesto, cercando di rimanere il più compatti possibile per non perdersi e soprattutto per non farsi stirare. Giunti infine alla Bourgeonniere, esausti, alle otto passate, non si può non chiudere la giornata con la solita maxi-spaghettata ad opera di noi italiani, che, per la cronaca, è venuta veramente cattiva da fare schifo, ma è molto piaciuta a tutti, specie ai francesi.

Poca gloria

Venerdì sera, dopo le lezioni, ha luogo il primo torneo di Pes 6. Il clima, nella sala tv di una delle residenze destinate agli studenti del primo anno dell'Ecole, è un po' da club di secchioni fissati, cose che in effetti, almeno la seconda, una buona fetta dei partecipanti è. Dopo un'oretta trascorsa nell'attesa dei ritardatari, che si presentavano alla spicciolata portando chi un televisore e chi una playstation, e nella composizione del tabellone (quattro gironi di cui passavano le prime due e le terze spareggiavano tra loro, dopodiché eliminazione diretta a partire dagli ottavi di finale), finalmente si scende in campo per il match d'esordio, ed è subito derby: il mio Arsenal ha a che fare con il Chelsea di un ciccione tontolone. Ciononostante, l'impatto con la nuova versione del gioco, ancora tutta da scoprire, è duro: il primo tempo si conclude 2-0 per il tontolone con due gol orrendi, e un Arsenal in crescendo nel finale. Nel secondo tempo è un assedio dei Gunners che accorciano all'ottantesimo ma si vedono negare il meritato pari da un miracolo di Cech nei minuti di recupero su un tiro a botta sicura da pochi passi di Henry. Poca fortuna ma segnali confortanti, tutto sommato. Dopo il primo match, giocato su pc, come poi tutti i seguenti, ha luogo il secondo, su una playstation inspiegabilmente lentissima. Contro l'Arsenal questa volta c'è uno sbruffone che, evidentemente sovrastimandosi, sceglie l'Olympiakos Pireo. Ma fa male i suoi conti, perché dopo pochi minuti un'incornata di Ljungberg su calcio d'angolo incanala il match in favore degli occasionalmente gialli londinesi. La partita, priva di emozioni e caratterizzata fin dall'inizio da una serie di fallacci assassini del mio avversario sanzionati solo con dei rari cartellini gialli, concede ben poco allo spettacolo e finisce così. Il terzo match è un Arsenal – Barcellona del quale non c'è granché da dire, se non che la squadra rivale deve essersi evidentemente dimenticata di scendere in campo: risultato finale 6-0 (se non ho perso il conto) con gol di Henry e Adebayor, entrambi in forma strepitosa. L'ultimo incontro, a qualificazione già ottenuta, è ancora contro il Chelsea. Si vede presto che i blues, benché passati inopinatamente in vantaggio alla prima azione con quello che sarà il loro unico tiro della partita, sono ben poca cosa. I Gunners si rovesciano nella metacampo avversaria trascinati da Rosicky, e tutto ciò che rimane dopo il loro passaggio è un inequivocabile 4-1 finale. Sull'onda dell'entusiasmo, mi appresto ad affrontare la vincente di uno degli spareggi, che a causa di un tabellone alquanto astruso finisce con l'essere quello che avevo battuto 6-0 nel girone. La partita non offre particolari spunti contro un Real Madrid che fa vedere ben poco, e con un netto 3-0 mi qualifico per i quarti. Ora viene il difficile. Ad attendermi c'è il temibile Remy, e più temibile di lui la sua Inter con un Adriano, si scoprirà più tardi, con la freccina rossa (per i neofiti: talmente in forma che fa gol anche se lasci il joystick e non premi nessun tasto). L'Arsenal non riesce a trovare spazi, cerca di manovrare ma non è facile tenere il controllo del pallone; dopo non molto, grave errore in difesa con Adriano che intercetta un passaggio e apre le marcature scaricando una sabongia urlante da oltre il vertice dell'area, la palla che addirittura rimbalza sul fondo della reta e schizza fuori per quanto era potente il tiro. La squadra incassa il colpo e cerca di rialzarsi, ma prima che finisca il tempo, nonostante qualche azione offensiva dall'esito sfortunato, è ancora Adriano, immarcabile, che tira da casa sua mettendo a segno il 2-0. Nel secondo tempo i Gunners tentano il tutto per tutto ma l'Inter si chiude bene rendendosi pericolosa in contropiede. In uno di questi un cross dalla destra arriva al solito Adriano che, dopo aver ciccato il colpo di testa, vince di potenza un contrasto e, tutto solo, chiude la partita. Arsenal eliminato, dunque, e che torna a casa con le pive nel sacco, sperando di potersi rifare al prossimo torneo.

martedì, novembre 14, 2006

Est ce-que vous avez des questions? (Ou des remarques?)

Meglio nota come "esché vusavé de chestion? (ù de remarc?)", è la formula tipica che, generalmente seguita da un "bon, on s'arrête là", segna la fine di ogni lezione. Spesso e volentieri tale frase viene ostentatamente scandita e pronunciata in maniera esclamativa, ESCHE'-VUSAVE'-DE-CHESTION!, proprio a sottolineare come si tratti più di una formula rituale che non di un vero invito: quale impavido oserebbe infatti sfidare le ire della folla facendo una domanda alle 12.05, subito prima della pausa pranzo, quando l'intera classe si sta già lanciando verso il ristorante universitario per risparmiarsi qualche pallosissimo minuto di fila (più che fila, "ressa informe senza esclusione di colpi" rende meglio l'idea), o alle 17.35, dopo otto ore di lezione, quando tutti hanno già indossato la sciarpa e la cuffia e non vedono l'ora di tornarsene a casa (o, per coloro la cui casa è la Bourgeonniere, alla sala internet)? Esché vusavé de chestion? Bon, on s'arrête là!

lunedì, novembre 13, 2006

DS

Ore 8, DS di METCO. Tradotto, c'est à dire che abbiamo avuto il nostro primo esame scritto (Metodologie de Conception, di cosa tratti devo ancora capirlo), più simile se vogliamo a un compito in classe che a un esame universitario. In effetti, pur senza aver mai sostenuto degli esami (leggi: senza aver studiato una bella favona), abbiamo già superato con successo tre o quattro corsi, il tutto semplicemente collaborando, si fa per dire, con dei francesi a qualche lavoro di gruppo, o tutt'al più facendo una ricerchina da scuola media su Google (con molte foto, che si fa bella figura e occupano un sacco di spazio). Volendo solamente ricevere la borsa di studio potremmo già ritenerci abbondantemente a posto e dedicarci assiduamente al turismo! In ogni caso, torniamo a noi. Non avendo ovviamente studiato alcunché fino a due giorni prima (cioè, sabato ho cominciato a farmi un'idea di cosa avrei dovuto studiare a partire da domenica pomeriggio), la serata di domenica ha visto una task force italo-brasiliana finalizzata a chiarire i dubbi più sostanziali (thanks to Brono, l'unico a non avere esami l'indomani, che ha cucinato una chilata di spaghi al pesce per tutti), seguita da una non-stop di studio in solitaria terminata verso le 4.45 del mattino. Dopo due succulente ore di sonno, eccomi dunque fresco come una rosa e carico come una molla (si può immaginare), pronto alla battaglia. Tralasciando il compito in sé, non particolarmente memorabile, è stato interessante notare l'atteggiamente dei francesi: INCREDIBILE! NON CI PENSANO NEMMENO A COPIARE! Mentre io e il Teba abbiamo ovviamente condiviso quante più informazioni possibili, come per un istinto compulsivo, tutti 'sti transalpini, non necessariamente per eccesso di erudizione quanto piuttosto, parrebbe, per una propensione culturale, se ne sono stati buoni e zitti al loro posto, senza che nessuno facesse una sola domanda al professore neanche circa le parti meno chiare, quando in Italia, davanti allo stesso compito, ci sarebbe stato un buon cinquanta percento dei presenti che avrebbe alla fine costretto il professore a fare quantomeno una comunicazione generale chiarificatrice, tra sconforto ostentato e svenimenti collettivi! Insomma, polleggio!

Fabrizio Quadrato, Oliviero Selvaggio e Geronimo Friabile

Quando uno dice che questi francesi sono quantomeno strani, non è che dice così per dire! Ma ci si può chiamare in maniere così assurde? I latini dicevano nomen omen, quantomeno questi sono nomi scemi! Non è mica una questione di traduzione, questi si chiamano così sul serio! Roba da rimanare allibiti. A uno che si chiama Geronimo Friabile, per dire, cosa gli vuoi fare? Puoi solamente stringergli la mano e dirgli: "Ti stimo".

lunedì, novembre 06, 2006

...e miceti allucinogeni!


Sabato mattina, gastroenterite o no, si parte, comunque in condizioni fisiche nettamente migliorate, alla volta di Paris! Ma scesi nel cortile della Bourgeonniere, uno spettacolo fiabesco ci accoglie. Il prato è infatti disseminato di un tappeto di coloratissime amanite muscarie, la cui sopravvivenza così duratura può essere attribuita solamente all'ignoranza degli abitanti della cité circa le sue mirabolanti doti. Sentendoci già trasportati nel mondo degli ippopotami rosa con il tutù, vorremmo raccoglierle tutte per poi quantomeno rivenderle a qualche decina di euro al grammo, ma alla fine non ce la sentiamo di turbare un così bel fenomeno naturale, e ci limitiamo a fotografare dettagliatamente questi eleganti miceti che avevamo finora visto soltanto nei cartoni animati e nei coffee shop di Amsterdam.

Saccaromiceti...

Me ne torno a casa esausto un bel lunedì sera di due settimane fa, mi metto a letto, e il termometro mi segna strafottente 39,3. Mi metto a dormire, riponendo abbondante fiducia nei miei anticorpi (una bella dormita e passa tutto), ma dopo una notte tormentata (sorvolo, per non turbare il lettore, sull'imponente quantità di squaraus prodotta nell'occasione), mi risveglio con la temperatura pressoché invariata. Appurato che una lunga serie di imprecazioni non è utile alla guarigione, almeno in tempi brevi, mi metto pazientemente ad aspettare che la febbre cali (nel frattempo continuo con le imprecazioni, vedi mai che servano a qualcosa). Nel tardo pomeriggio di martedì, quando mi sembra che la giornata sia durata una sessantina di ore, mi risolvo a chiamare il medico, il quale mi dà appuntamento per l'indomani mattina. In serata, il messicano Miguel si offre gentilmente (non c'è stato in realtà modo di impedirglielo) di prepararmi la cena: brodo di pollo e due bei cordon bleu che contribuiscono a farmi trascorrere una nottata da far rimpiangere la prima (e chi vuol capire capisca). Mercoledì il sapiente dottorone mi informa che ho una bella gastroenterite virale. Cura: aspettare che passi, imbottendosi accessoriamente di imodium e di tachipirina. Più tardi, l'arrivo della dolce Elena dona al malato un po' di sollievo. Il giorno seguente, la farmacista mi consiglia di assumere due volte al giorno delle compresse di saccaromiceti, che, oltre a rivelarsi in seguito di dubbia efficacia (per la serie: figuriamoci se non li prendevo) non aiutano a variare un pasto regolarmente composto da riso in bianco, carote, patate lesse e, per le occasioni speciali, un bel petto di pollo.

lunedì, ottobre 23, 2006

Rennes

Deciso a rompere la monotonia di week-end decisamente poveri di avvenimenti, accetto di prendere parte ad una gitarella a Rennes in compagnia del bolognese e dell'ascolano. Destatomi miracolosamente da solo alle nove e cinque, dopo che la sveglia delle nove non aveva suonato, mi fiondo in stazione mentre il cielo sembra promettere la solita abbondante quantità d'acqua. Dopo un attimo di esitazione per il prezzo esorbitante del biglietto, montiamo sul treno dove conosciamo subito un gentile signore che, gradito benché non richiesto, decide di raccontarci la storia della Bretagna, corredata da informazioni turistiche su Rennes, per finire con l'indirizzo delle sue creperie preferite in città. Una lunga passeggiata ci fa scoprire subito il bel centro storico, per metà medievale, con le classiche case listate di legno, in parte settecentesco, a causa dell'incendio che ne ha distrutta una buona metà alcuni secoli or sono. Neppure il tempo di trovare un posto in cui mangiare, che un baffuto bretone dalla buffa parlata italiana si offre di condurci, anch'egli di sua iniziativa, in visita all'unica porta medievale della città sopravvissuta all'incendio, a suo dire meta poco conosciuta ma imperdibile, passando per il grande mercato, dove non perde l'occasione per farci acquistare un tipico dolce bretone (composizione: quattro parti e mezza di farina, tre di burro e due di zucchero), per raccontarci di come un ingegnoso contadino locale sia riuscito ad aggirare il problema delle quote latte inventando una birra prodotta con le eccedenze, e per farci conoscere la specialità locale, di cui facciamo poi incetta per pranzo: la gallette saucisse, ovvero una gallette arrotolata intorno a un sugoso salsicciotto! Annaffiato il tutto con due buone bottiglie di cidre ed effettuata una congrua pausa digestiva su una panchina in Place de la Mairie, facciamo tappa al museo della Bretagna prima di fare rientro a casa, per scoprire, in serata, che a fronte della nostra giornata calda e soleggiata, a Nantes ha diluviato per tutto il giorno. Così c'è ancora più gusto!

venerdì, ottobre 20, 2006

Nuove frontiere della devastazione

Situazione surreale mercoledì sera alla Bourgeonniere. Le due cucine più grandi sono fuori uso (quattro fuochi ciascuna), cosicché restano solo le due placche elettriche dell'undicesimo piano a disposizione dei centosessanta abitanti del bâtiment C. Sfruttando il fatto che non tutti si preparano da mangiare e, se lo fanno, mangiano verso le sette/sette e mezza (più o meno come i bolognesi), verso le otto e mezza riesco ad accaparrarmi un fornello per preparare la pasta. Nel frattempo taglio le patate con l'intenzione di farmele in padella insieme all'hamburger che, comprato il giorno prima, ho conservato fin'ora sul davanzale. Proprio sul più bello, però, TLAC! anche l'ultima cucina passa a miglior vita, tra le bestemmie corali degli astanti. Attendo ancora qualche minuto per permettere alla pasta di finire di cuocersi per osmosi nell'acqua tiepida, e me ne torno mestamente in camera mia. Mangiato il gustoso primo piatto, raccolgo le patate che già iniziano a ricoprirsi di un'inquietante ossidazione marrone e faccio un'ultimo giro di perlustrazione per il bâtiment. Trovato un microonde funzionante, mi decido, ormai disperato, a tentare il tutto per tutto: sbatto tutto dentro e mi apposto nei pressi del pulsante di accensione del forno. Qualche minuto, molti CLIC e un ustione da vapore bollente dopo, posso finalmente gustare quello che è diventato un blocco unico e di consistenza indefinita, in parte spappolato, in parte rigido come una suola di scarpe. Ah, i piaceri dell'Erasmus!

mercoledì, ottobre 18, 2006

L'aviron

Il giovedì, perloppiù sgombro di lezioni e di scocciature scolastiche di vario genere per noi studenti del terzo anno, è il giorno dell'avirone. Ci si reca al fiume per le 12.30, orario balzano ma scelto per permettere anche a chi è al primo o al secondo anno di essere presente sfruttando la pausa pranzo, e si comincia subito con la parte più faticosa: dopo essersi scannati per ottenere una barca dalla rimessa, è infatti necessario carreggiarla, insieme con i remi, fino al cigolante e affollato moletto, stando attenti a non sbattere in acqua qualcuno urtandolo con un remo, come nella migliore tradizione Stanlio&Olliana. Dopodiché si alloggiano i remi e si sale, sempre avendo cura che durante queste operazioni la barca non prenda autonomamente il largo, specie se hai un piede dentro e l'altro ancora sul molo. Fatto tutto questo, rimane giusto il tempo per fare qualche bel giretto alla scoperta del lungofiume, assaporando il piacere di ogni remata, frequentemente interrotto da uno o più dei seguenti incovenienti: il remo si incaglia nel roveto a bordo del fiume, ti accorgi che ti stai andando a schiantare sulla riva e tenti impacciatamente di salvarti, un motoscafo ti costringe a rallentare per lasciarlo passare, qualcuno più spedito di te ti passa troppo vicino e preferisci evitare una spiacevole collisione, ti asporti a più riprese con le unghie la pelle delle nocche nel compiere il gesto della remata, ti schiacci i pollici tra i due remi in circostanze analoghe, piove (toh?!), sbatti il remo contro quello del tuo eventuale compagno (in caso di barche multiple), un remo entra o esce dall'acqua intempestivamente rischiando di farti ribaltare...tutte amenità che si spera con la pratica diverranno più rare. Quando poi finalmente hai preso il ritmo e e inizi a gustare la brezza che ti lambisce a ogni colpo vigoroso, alzi lo sguardo e ti accorgi che il molo è lontanissimo ed è già ora tornarsene a casa.

sabato, ottobre 14, 2006

Le Remorqueur

Siamo rimasti in tre, pochi ma buoni. Il Remorqueur ci attende a pochi passi, ormeggiato sulla riva della Loira come un vecchio stanco. Sembra celare al suo interno qualcosa di insolito, di straordinario. Curiosi di scoprirlo, siamo subito sul ponte. Saliamo la prima rampa di scale, la seconda, ed eccoci nella cabina di pilotaggio. Luce fioca, un piccolo bar, quattro o cinque persone che bevono birra, fumano. Note allegre iniziano ad arrivare fino a noi, attutite. Si discende una scaletta di metallo, si attraversa un piccolo ballatoio, ancora una scaletta. Siamo nella stiva. E' tutto piuttosto buio, ma tutt'altro che tetro. Intorno a noi, gente che parla seduta a tavolini di legno, ubriachi che barcollano senza una meta precisa. C'è qualcosa di magico in questo posto, la mente vola verso galeoni dei pirati e bar di pescatori in riva al mare. La musica danza ormai intorno alle nostre orecchie. A destra, a prua, due fisarmonicisti sdentati che sembrano appena usciti da un film di Kusturica, accompagnati da un talentuoso batterista, cantano canzoni allegre con voce roca e commovente. Davanti a loro, si danza seguendo quel ritmo un po' gitano, senza pensare a niente.

martedì, ottobre 10, 2006

Non si capisce il senso di vendere le zucchine all'unità invece che a peso

I negozi di alimentari da queste parti, specie i supermercati, versano tutti in condizioni igieniche che definire disastrose è poco. Aggirandosi tra gli scaffali si vedono barattoli in cui galleggiano oggetti non identificabili che aprono la mente alle più disgustanti congetture. Per non parlare poi delle già citate patatine! Ma quello che lascia veramente allibiti sono i prodotti del banco frigo: tra decine e decine di formaggi di ogni tipo, non è infrequente che una buona metà siano completamente ammuffiti! Che schifo! Roba da chiamare i NAS!

lunedì, ottobre 09, 2006

Tonus

Dopo averne sentito tanto parlare, arriva anche per noi il momento del primo tonus. Termine utilizzato, a quanto pare, solamente nell'ovest della Francia, e nemmeno tutto, sta ad indicare una festa studentesca, avente generalmente luogo in un club o in un disco pub, sovente in regime di open bar, il che, per i profani, significa che pagando un biglietto di ingresso si può poi bere gratuitamente a più non posso.
L'inizio essendo previsto per le undici, ci rechiamo con qualche anticipo, cavalcando i nostri prodigiosi veloni, al Quai West, locale in riva alla Loira designato per ospitare la serata. La coda è già lunga e piena di giovani urlanti e non tutti perfettamente sobrii. Il guardaroba è gratuito per gli studenti dell'Ecole Centrale, dal momento che questo è proprio il tonus organizzato dal nostro Bureau des Eleves. Una volta dentro, decidiamo di darci subito da fare con gli alcolici, ma come prevedibile il servizio lascia alquanto a desiderare: baristi improvvisati servono drinks annacquati, (maledetti, alla fine della fiera non avrò bevuto nemmeno la metà dei dieci euro che avevo sborsato!) e trangugiarne una decina ha come unico effetto quello di farmi scegliere come zona di stazionamento preferita quella più vicina alla toilette. Ogni tanto si saluta qualche francese più o meno sfinito e qualche brasiliano più o meno esagitato. Si va avanti così per qualche ora, senza particolari picchi di entusiasmo, finché non se ne ha abbastanza. Poi, tutti insieme, si monta nuovamente in sella per farsi una salutare pedalata notturna fino a casa.

venerdì, ottobre 06, 2006

Chips Vinaigre Balsamique Savoureuses & Croustillantes

Porci! Ma come si fa anche solo a immaginare una cosa del genere?? Mi domando se sia più maiale chi le vende o chi le mangia, anche se propendo per il secondo. L'altra sera invito Stephan in camera mia a vedere Thirteen in francese (tanto per allenarsi un po'), e lui si presenta in compagnia di Dominique, la quale mi ammanisce, gentile cadeau, un pacchetto (peraltro già iniziato, vabbè), dello snack in oggetto. Lì per lì, allibito, non me la sono sentita di assaggiarle, e ho anzi addirittura tentato di restituirgliele al termine della serata. Tuttavia, pur avendo già potuto constatare come i gusti anglosassoni siano deviati (la gentile donzella, al cinema, non aveva trovato niente di meglio, da sgranocchiare durante il film, dei pop-corn caramellati, di cui ignoravo persino l'esistenza), qualche giorno dopo non mi sono trattenuto e ho assaggiato le gustose patatine. Allucinanti! Il colpo di grazia è venuto poi dalla lettura della composizione: una trafila di ingredienti provenienti dai più oscuri meandri dei regni vegetale, animale e oltre. Un miscuglio che nemmeno la più fervida immaginazione sembrerebbe poter concepire. Di patate, ovviamente, quasi nessuna traccia. Mon dieu!

mercoledì, ottobre 04, 2006

Cravatta

Lezione di Leadership, prima pausa della mattinata (alle nove e quarantacinque, avendo cominciato alle nove. Perché si sa che dopo un po' l'attenzione cala, vuoi mica che i poveri ragazzi ti si deconcentrino?!). Quasi tutti escono dall'aula, tranne me, il professore, che indossa camicia e cravatta, cosa comune all'Ecole de Management in cui frequentiamo le lezioni dell'opzione professionale e rarissima all'Ecole Centrale, in cui non è infrequente vedere arrivare gli insegnanti in sandali e bermuda, e pochi altri. Improvvisamente, dalle retrovie si alza un tizio; si avvicina a passo spedito verso il docente che sta trafficando con le sue scartoffie alla cattedra, e, brandendo una cravatta, gli chiede se può annodargliela al collo, ammettendo di esserne incapace. Sarebbe stato esilarante se il professore avesse risposto che neanche lui ne era in grado e che gliel'aveva fatto sua madre la mattina, ma è stato ugualmente singolare vederlo prodursi in un prolungato abbraccio all'impavido studente, il quale, alla fine, se n'è andato soddisfatto sfilandosi la cravatta per conservarla, già annodata, per chissà quale occasione elegante. Il professore, alquanto perplesso, non ha potuto fare a meno di ricambiare, imbarazzato, il nostro sguardo divertito.

lunedì, ottobre 02, 2006

Vide un lago ed era il mar

La grande Bourse aux Vélos di sabato ha portato un nuovo elemento all'interno della già vasta compagnia. Non ha ancora un nome (si accettano suggerimenti) ma, dopo poco più di ventiquattro ore insieme, ha già una cinquantina di chilometri all'attivo. La biciclettata odierna ha avuto come meta, dopo un fin troppo dettagliato tour, non del tutto voluto, della periferia più o meno residenziale nantese, le Lac de grand Lieu, uno sterminato acquitrino di discreto valore naturalistico oltre che alquanto suggestivo e battuto da un vento forsennato (vedere capigliatura sconvolta nella foto, peraltro sintomatica della necessità urgente di un rendez-vous con un barbiere). L'abitudine di andare a mangiare fuori città alla domenica non essendo diffusa tra gli indigeni, siamo stati costretti a fare letteralmente scalo all'aeroporto per trovare finalmente, sulla via del ritorno, l'unico esercizio commerciale in tutti i dintorni di Nantes che potesse fornirci qualcosa da mangiare. Rifocillatici e visti decollare un paio di aerei, ci siamo infine diretti verso casa, per arrivarvi dopo circa cinque ore e mezza dalla partenza (stanchi ma contenti della bella giornata trascorsa). Il dolore alla schiena, al collo, alle gambe, alle mani e, con rispetto parlando, al culo, sembra tuttavia voler velatamente insinuare che tutto sommato il tram non era poi così scomodo.

venerdì, settembre 29, 2006

Calzino

Oh, dolce pegno d'amore, imperituro simulacro della sua augusta proprietaria! Che tenero pensiero, farmelo trovare al mio ritorno a casa, quando pensavo di essere rimasto solo e abbandonato tra le bianche e opprimenti mura, ed ho invece scoperto che una parte di lei era ancora qui, insieme a me. Che dolce sollievo, che soave delizia, stringerlo tra le mani e assaporarne gli effluvii portatori di sì gaie reminescenze! E che gioia, potersi coricare, la sera, in compagnia di cotanto omaggio, simbolo di eterna devozione! Grazie per esserti privata di un oggetto di tale valore, per farmene dono e ricoprirmi di una sì grande felicità!

giovedì, settembre 28, 2006

It's not so fun, if you're not drunk

L'invito del turco ad andare a fumarsi un narghilè da qualche parte in centro sfuma insieme alla speranza di vedere arrivare puntuali i compatrioti italiani. Un'ora e mezza dopo l'appuntamento, ancora non si vede nessuno (dieci minuti e arriviamo, hanno detto mezz'ora fa), e si ripiega sul festival musicale universitario poco distante da casa. Ci si trascina svogliatamente fino a Petit Port, ci si fa perquisire all'ingresso da dei perquisitori svogliati, si ascolta svogliatamente il reggae-jazz suonato con una certa flemma da dei tizi probabilmente svogliati, si chiacchiera svogliatamente del più e del meno. Alla fine, è il sudafricano che ci illumina con una perla di lucida quanto essenziale analisi della realtà: it's not so fun, if you're not drunk.

È stato più forte di me!

Martedì pomeriggio è il giorno della presentazione dei club ricreativi della scuola. Dopo una giornata estenuante, mi metto a girovagare tra gli stand, tra cui ne spiccano di veramente originali: il club del vino rosso, il club della birra, il club delle lampadine (!), il club dei go-kart (figo, peccato sia già murato di iscritti)...molti offrono qualcosa da mangiare o da bere, addirittura uno, sul cui tavolo troneggiano soltanto i mozziconi di una baguette e di un salame, a pensarci bene potrebbe non essere altro che il club della baguette e del salame! Ma ce n'è uno che adocchio subito, mi è familiare. Non ci pensare neanche, mi dico, non fare il rimasto, vedrai che c'è sicuramente qualcosa di meglio. Ok. Passo oltre, danza classica, diritti umani, coro, secchioni che costruiscono strani robot che compiono mansioni stupide, modellare la creta, badminton, piffero celtico...Faccio due o tre giri, nel frattempo tutti quelli che incontro mi dicono di essersi iscritti a una lista impressionante di club, nemmeno vi si dedicassero a tempo pieno. Alla fine, la cosa più interessante è il canottaggio. Quantomeno andrò a fare la prova di iniziazione, poi vedremo. Un po' deluso, dei miei amici non è rimasto più nessuno ormai, me ne torno verso l'uscita. Un solo club, speravo meglio. Sto per varcare la soglia del batiment L ma di nuovo passo davanti a quel tavolo. Lascia perdere, non lo fare. Vabbè dai, almeno chiedo come funziona, che sarà mai. Si sa come vanno a finire queste cose poi. Ditemi, era forse il caso di iscriversi al club di PES5, qui a Nantes??

martedì, settembre 26, 2006

Beaujoire

Mancava solo la sciarpa giallo-verde! Serata fresca, terreno in buone condizioni, si parte di buon ora alla volta dello Stade de la Beaujoire in compagnia di Elena, Daniel, Stephan e qualche migliaio di altre persone stipate nei tram. Giusto il tempo per un paninazzo alla salsiccia piccante (l'ideale per rompere il digiuno seguito ai disturbi intestinali) e siamo già in coda per farci ripetutamente perquisire all'ingresso dello stadio. I primi cori in francese, la coreografia studiata per l'occasione, e prima del calcio d'inizio abbiamo già cominciato a dimenticarci che la situazione dei Canarini è disperata: penultimi in classifica, freschi eliminati dalla Coppa di Francia, allenatore licenziato tre giorni prima e vittoria che manca da cinque o sei mesi, ospitano la prima in classifica, ancora imbattuta in questo campionato. Stando così le cose, non si può fare altro che vincere! Si gioca solo nella metàcampo del Marsiglia, al palo preso in avvio segue inevitabile il gol del vantaggio. Quando nel secondo tempo ti aspetti un assedio (e pensi: che fortuna, il marsiglia attacca di qua!), pronti, via, ancora un palo e 2-0. Ribery non inventa niente, l'arbitro si inventa un'espulsione, ma anche in dieci non si corrono gravi pericoli: il gol dell'OM è un episodio, e finalmente arriva il fischio finale. Nessuno, urlano i tifosi, vuole più cantare la Marsigliese. Io non la volevo cantare comunque, ma ora la sciarpa mi sa che me la devo proprio comprare!

martedì, settembre 19, 2006

Abbiamo visite!

Eccola che sonnecchia sul mio letto, distrutta da una settimana devastante e da un viaggio interminabile. Se ne sta lì, rannicchiata, come un gatto sulla poltrona; sembra che dorma profondamente, ma devo stare attento a non fare troppo rumore se non voglio turbare il suo meritato riposo. Domani sarà tutto bellissimo, sotto una luce diversa, e ogni stanchezza sarà sparita. Sarà bello poter condividere ogni piccola cosa, e avere un testimone (e un protagonista) in più di questa indimenticabile esperienza.

Boniface

Venerdì sera, uno spicchio di luna in cielo, piove, un po'. Fa freddo, ma non troppo. Il locale, fumoso, poi non così tanto, né troppo grande, né troppo piccolo; né bello, né brutto. Strani filmati proiettati alle pareti. Quelli sì, brutti, sgradevoli piuttosto. Tanto vale tornarsene verso casa. Alla spicciolata, il crucco-ungherese dà un passaggio a qualcuno con la sua BMW, gli spagnoli tanto vale lasciarli perdere, tanto stanno sempre tra di loro. Ci si incammina fendendo l'aria umida, con la vana speranza di trovare un tram che ci porti a casa. Il pollice in fuori, vedi mai, tanto per avere un pretesto per insultare quelli che non si fermano. Ma Boniface ci spiazza. E' ivoriano, come Drogba, dice. Ha fatto un sacco di “stop” anche lui, quand'era studente. Ti verrebbe voglia di abbracciarlo, da quanto è semplice e gratuita la sua gentilezza. Ce ne andiamo a dormire stupiti e soddisfatti. Basta poco, certe volte.

Italiano medio ritardatario

Credevo di essere un italiano medio ritardatario, e in effetti paragonato al classico cruccone che spacca il minuto, faccio la mia porca figura. Ma questo è niente in confronto alle vette che può raggiungere un brasiliano, capace di saltare al volo sul pullman ormai in partenza per la gita (ore 6.45 AM), o di farti attendere ad ogni appuntamento nemmeno dovesse truccarsi per partecipare ad un concorso di drag queen.

giovedì, settembre 14, 2006

Il sont fous, ces Français

La festa dell'Ecole di ieri sera ha dato l'ennesima dimostrazione di quanto siano scoppiati da queste parti. Coadiuvati da fiumi di una birraccia schiumosissima e di bevande più o meno alcoliche di vario genere, gli indigeni hanno dato uno spettacolo veramente notevole, tra tuffi in piscinette da giardino (sotto la pioggia) e spogliarelli integrali (putroppo, come prevedibile, solo maschili). Abbastanza sportivi, reagiscono ai soventi cori inerenti alla recente vittoria del mondiale, limitandosi ad accennare testate al petto e a ricordare, timidamente, l'inutile recente confronto che ha visto un'Italia ormai paga soccombere a Parigi.
Il clou della serata è stato tuttavia raggiunto con l'esibizione della fanfara ufficiale della scuola, che ha dato il via a balli di gruppo tra i più originali e devastanti a cui abbia mai preso parte.

martedì, settembre 12, 2006

Si aprono i battenti

Dopo lunga attesa, più volte annunciato dai media di tutto il mondo, apre finalmente oggi il blog CIAVEMOIMOSCIOLI, finestra diretta sulla ridente cittadina di Nantes e sulla giovane e frizzante vita che ha luogo al suo interno (e anche all'interno di chi scrive). Periodicamente ci scriverò una mirabolante trafila di cazzate, così, tanto per fare. Naturalmente, saranno ben graditi commenti di tutti i tipi da parte dei numerosi e affezionati lettori. L'obiettivo, dichiarato, è quello di battere in numero di visite il blog di Beppe Grillo. Vedete un po' quello che potete fare.