Siamo d'accordo, domenica mattina, di alzarci di buon'ora per fare una gita in bici avente come meta un paese nei dintorni di Nantes. L'unica incognita, però, è legata al tempo: le previsioni prevedono pioggia o comunque cielo coperto (bello sforzo, ci si becca sei giorni su sette), e nessuno sarebbe disposto a partire in caso di brutto tempo. Poiché alla sera di sabato ancora non si è deciso il da farsi, metto per ogni evenienza la sveglia alle otto, benché convinto che le possibilità che si parta siano veramente basse. Guardo fuori dalla finestra, il tempo sembra non promettere nulla di male, ma nessuno si fa sentire per darmi la conferma. Metto la sveglia di lì a mezz'ora, ma ancora una volta il sole che inizia a stagliarsi nel cielo non è accompagnato da alcuna reazione del mio telefono. Stessa scena alle nove, al che decido che può bastare, e che posso mettermi definitivamente a dormire. Di lì a cinque minuti, quando non ho ancora fatto in tempo a riaddormentarmi, dei pesanti colpi alla porta accompagnati dal grido “svegliati, comunista”, mi fanno riconoscere il reazionario Offagnese e mi inducono a scattare in piedi. Dunque, si parte. Il tempo di preparare i panini con la mortadella (aaaaah, mortadella!!) acquistata il giorno prima, e sono già in strada. Nel frattempo, il sole è già piuttosto alto nel cielo, e la totale assenza di nuvole fa sperare per il meglio, benché il tempo, da queste parti, sia solito cambiare radicalmente in lassi di tempo sorprendentemente ridotti. Radunato tutto il gruppo e noleggiate le bici per chi ne è sprovvisto, partiamo dunque alla volta del singolare paesino di Clisson, a una trentina di chilometri a sud di Nantes, reso, all'inizio dell'ottocento, per opera di uno scultore e di un architetto francesi, un esempio di architettura e paesaggio all'italiana calati in un contesto medievale: al classico castello, fanno da contorno una serie di ville e di tempietti, non di rado di gusto un po' kitsch, benché tutto sommato piuttosto in armonia con il territorio. Il viaggio è interminabile tra gente che cade dalla bici o rimane indietro per fare delle foto: a ogni cinque o dieci minuti di pedalata, a ritmo tutt'altro che sostenuto, segue una pausa per aspettare chi se la prende con tutta calma. Arrivati in loco, ci gettiamo subito affamati sulle vivande, dopodiché, sempre condotti dalla nostra “guida” franco-svizzera-costaricense, che conosce già il posto, facciamo, bici alla mano, una bella passeggiata del lungo fiume, del castello e del centro del paesino, con tanto di vin chaud e di gateau aux pommes della nonna al mercatino delle pulci domenicale. Il ritorno, appena più spedito dell'andata, è caratterizzato da una simpatica pausa-merenda in mezzo a una stradina secondaria di campagna, in cui tutti hanno altruisticamente condiviso ciò che avevano da mangiare e da bere (io ovviamente niente, essendomi strafogato a pranzo l'intera baguette che mi ero portato), seguita da un ultimo tratto di strada praticamente al buio pesto, cercando di rimanere il più compatti possibile per non perdersi e soprattutto per non farsi stirare. Giunti infine alla Bourgeonniere, esausti, alle otto passate, non si può non chiudere la giornata con la solita maxi-spaghettata ad opera di noi italiani, che, per la cronaca, è venuta veramente cattiva da fare schifo, ma è molto piaciuta a tutti, specie ai francesi.
1 commento:
carinissimo...
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